Diversamente dalle forme di vendita note come off-price o stock-house ( che fanno capo ad imprese specializzate nella vendita, a prezzi scontati, di prodotti, anche di note marche e prestigiose griffe, acquistati in grande quantità da imprese in fallimento, ovvero gravate da sovra produzione o comunque decise a ridurre la consistenza dei loro magazzini e molte volte costrette a ridurre, a causa del fallimento o sovra produzione, anche il personale dipendente), la factory outlet individua propriamente un punto di vendita ( chiamato factory) in cui un’impresa produttrice di articoli di note marche ovvero venditrice per conto di note marche, elimina merce residuale sottoscosto (outlet è letteralmente lo sbocco in uscita) .
L’outlet è una struttura realizzata su estese superfici, localizzate in aree ai limiti del centro abitato, in prossimità delle principali arterie di comunicazione stradale (autostrade e strade provinciali) creando un impatto molto spesso dannoso sul tessuto economico locale.
Le principali problematiche riguardano la relazione tra commercio ed urbanistica (inteso per urbanistica il governo del territorio).
Da un lato l’apertura di un outlet può rivitalizzare l’area o la località ed aumentare l’occupazione, dall’altro, invece, ridimensiona notevolmente il commercio al dettaglio in tutti i paesi e le aree vicine, riduce il fatturato del piccoli commercianti ed artigiani oltre, naturalmente, a creare un impatto fortemente negativo sull’occupazione: per ogni posto di lavoro creato con l’apertura di un outlet si stima la perdita complessiva di 2,1 posti di lavoro nel settore del commercio al dettaglio e dell’artigianato .
Un aspetto di impatto fortemente negativo è costituito dalla congestione della rete stradale con esponenziale aumento delle emissioni inquinanti ed inquinamento da rumore.
Prima di localizzare l’apertura di un outlet, soprattutto in un piccolo centro dotato di infrastrutture minime (strade- tangenziali – parcheggi – verde – etc.), è essenziale individuare strategie volte a valorizzare le ricadute positive, ma evitare soprattutto le gravi ricadute negative che sono spesso preponderanti.
Per l’apertura di un outlet è dunque necessario che la pianificazione urbanistica sia il frutto di un forte coordinamento di tipo verticale tra Stato,Regione,Enti Locali ed un forte coordinamento di tipo orizzontale tra politica territoriale e politica di settore.
Nel caso di un outlet è richiesta un’autorizzazione rilasciata dal comune nel rispetto dei criteri di programmazione stabiliti dalla Regione Lombardia.
L’autorizzazione eventuale del Comune deve seguire le determinazioni della Conferenza di Servizi (formata da rappresentanti del Comune, Provincia,Regione e Categorie del commercio, artigianato,etc.) ed è subordinata al parere favorevole del rappresentante della Regione Lombardia.
Il Consiglio di Stato infatti, riformando le decisioni di ben due Tribunali Amministrativi Regionali, ha rilevato che la destinazione di zona ad uso commerciale sia “un presupposto necessario per il rilascio della concessione edilizia”, e che questa costituisca a sua volta “presupposto imprescindibile” per il rilascio dell’autorizzazione commerciale.
Dal che la conclusione che “l’autorizzazione commerciale per medie e grandi strutture di vendita intanto può essere assentita in quanto vi è una concessione edilizia che rispetti i criteri stabiliti dalla Conferenza di Servizi”. Per cui “ in mancanza della concessione edilizia” ( laddove l’outlet vuole sorgere su una zona non ad uso commerciale) non vi può essere autorizzazione commerciale per una media o grande struttura di vendita”.
Pertanto la verifica e valutazione della natura commerciale, per la procedura di rilascio del titolo edilizio abilitativo, analoga a quella che il decreto Bersani (D.lgs. n.114/1998) descrive, è attratta nell’orbita della pianificazione urbanistica.
Con un’altra recente sentenza il Consiglio di Stato ha affrontato il problema di come debba applicarsi la regola (transitata dalla legislazione nazionale a quella regionale) della “necessaria” compatibilità dell’insediamento commerciale ( l’outlet) con lo strumento urbanistico.
Il Consiglio di Stato ha affrontato addirittura la questione della configurazione di una zona che il PRG definiva “polifunzionale” nella quale non erano indicate le percentuali o le quote tra le diverse destinazioni d’uso (produttiva – commerciale/direzionale,etc.).
Nel contesto di una zona “polifunzionale”, proprio in assenza di un rapporto definito tra le diverse destinazioni d’uso , in ragione del prescritto requisito di “compatibilità con l’uso pubblico, l’insediamento di struttura commerciale, pur ipoteticamente consentito in zona senza predeterminazione di limiti o parametri dimensionali, non può non essere, comunque, strumentale e subordinato rispetto alla destinazione funzionale della zona”
Con altra sentenza il Consiglio di Stato ha affermato che le discipline dell’urbanistica e del commercio non debbono essere risolte sul piano della “equiordinazione”, ma, appunto, di “sovraordinazione” : in particolare della disciplina urbanistica rispetto a quella del commercio e non viceversa, atteso che “l’uso a fini di commercio è uno degli usi possibili del territorio che la funzione del governo del territorio deve armonizzare con le esigenze della collettività”.
Sempre secondo questa importante sentenza “ gli esercizi commerciali devono rispettare le previsioni del piano urbanistico e delle norme che lo integrano, di tal ché non può che scaturire l’obbligo di conformarsi ad esse anche negli atti applicativi del piano di commercio e cioè dei singoli atti autorizzatori”. E l’ulteriore corollario per cui “ l’indagine sulla conformità della struttura commerciale (l’outlet) alla disciplina urbanistico-edilizia rappresenta un momento istruttorio necessario, in quanto diretto ad accertare l’esistenza di un presupposto espressamente previsto dalla legge”.
Dopo aver inquadrato la problematica degli insediamenti commerciali, come può essere quello di un “outlet”, risulta incongruente la deliberazione di giunta del comune di Ospedaletto Lodigiano che ha espresso parere “favorevole in linea di massima e per quanto di competenza, alla richiesta effettuata dalla società Lechler alla riqualificazione dell’ambito dismesso (ex Argon) mediante la demolizione degli attuali fabbricati e costruzione di nuovi fabbricati estendendo la destinazione d’uso – destinazione commerciale e terziario/direzionale, secondo il programma allegato alla richiesta” della Lechler.
Si vedrà se la superficie di vendita non sarà superiore a 1.500 mq. Nella deliberazione di giunta non se ne parla affatto.
Anzi, sembrerebbe che il piano preveda la demolizione di almeno una parte della struttura esistente con il recupero invece della restante porzione e la creazione anche di una zona per posteggi: nascerebbe un comparto commerciale e direzionale con una palazzina per uffici.
Ad aggravare la situazione dell’impatto “outlet” c’è il progetto del comune di Ospedaletto, che dovrebbe interessare via Fermi, previsto in una maxi area verde, dove sorgerebbe un parcheggio per mezzi pesanti: sarebbero previste decine e decine di stalli dedicati ai “bisonti” della strada con vicino un punto ristoro.
Naturalmente per accedere agli stalli, i “bisonti”, immetterebbero altri chili di inquinanti nell’atmosfera con rumori molesti e congestione ulteriore del traffico.
Una vendetta della giunta prima di fine mandato ? A che pro ? Per quale specifico interesse colpire ancora la salute e la tranquillità degli abitanti intasando le arterie stradali ? Sadismo non può essere … cosa allora ?
Tornando all’apertura dell’ outlet , come si è visto, le norme prevedono a carico del comune di Ospedaletto riflessioni ed atti molto concreti che non si possono esaurire in una semplice deliberazione di massima.
E’ necessario subordinare la concessione ad uso commerciale agli standard urbanistici previsti salvaguardando la collettività dalle ricadute negative ( congestione ulteriore del traffico con immissione di inquinanti atmosferici e inquinamento da rumore – effetti negativi per il commercio al dettaglio anche nei paesi limitrofi nonché le altrettante ricadute negative sull’attività artigianale, con conseguente caduta dell’occupazione, etc. ).
Anche l’occupazione che potrebbe indurre l’apertura dell’ outlet nella zona ex Argon non assorbirebbe che qualche unità di manodopera non qualificata e per ora, tra l’altro, non esiste alcun vincolo ( né potrebbe essere) che i neoassunti siano abitanti del comune.
L’attività lavorativa qualificata sarebbe appannaggio di unità provenienti sicuramente dall’esterno, di indiscussa affidabilità per il datore di lavoro.
Diventa importante e fondamentale convocare, come previsto dalle norme vigenti, una Conferenza di Servizi tra Stato –Regione-Provincia-Comune-Associazioni di Categoria (commercianti-artigiani) –Arpa-Anas (casello A1), etc. .
La Conferenza di Servizi avrà il compito di tutelare tutti gli interessi delle differenti categorie e degli abitanti in modo tale che l’apertura eventuale dell’outlet non gravi con pregiudizio nei confronti della collettività.
Le affermazioni del primo cittadino di Ospedaletto sulla stampa locale ( “Il Cittadino” 8 ottobre 2011) non possono che essere censurate per il loro carattere di superficialità a sfondo promozionale.
Allo scopo di mascherare le ultime défaillances dell’amministrazione comunale, messe recentemente in luce anche da www.ilcantagallo.org, è senz’altro disdicevole aggiungerne altre, non tenendo conto che gli abitanti di Ospedaletto e dei comuni limitrofi devono essere adeguatamente tutelati al di sopra degli interessi diretti della Lechler e della propaganda politica d’azzardo.
Www.ilcantagallo.org agirà direttamente con le istituzioni interessate per scongiurare la ricaduta di effetti negativi che l’apertura dell’outlet nella zona ex Argon di Ospedaletto comporterebbe per la collettività in assenza di adeguate riflessioni urbanistiche e conseguenti provvedimenti, provvedimenti soprattutto viabilistici per la tutela della salute degli abitanti.
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