
Le misure universali vanno a troppi e costano tanto, ma almeno si riescono ad applicare, tutte le “migliorie” targate Meloni sono farraginose e nessuno sa come e quando verranno applicate come il “reddito alimentare” per i poveri più poveri, proposto peraltro dal Pd Marco Furfaro: soltanto 1,5 milioni di euro la dotazione, ci pagheranno i cappuccini ai poveri.
Che senso ha mettere in piedi l’ennesimo strumento anti-povertà da zero quando mentre si svuota quello già rodato del reddito di cittadinanza? I più bisognosi tra un po’ avranno bisogno di un commercialista per orientarsi.
Giorni e giorni di polemiche partoriscono zero dal punto di vista della visione complessiva della legge di Bilancio, e soltanto la solita pioggia di provvedimenti mirati a precisi gruppi di interesse, come lo stanziamento da 1,5 milioni per le vetrerie di Murano o i 2,5 milioni per la Confederazione nazionale delle Misericordie.
Le sole cose di sostanza sono sul fisco, come l’espansione della flat tax agli autonomi fino a 85.000 euro, che è al contempo un premio alla parte del mondo del lavoro che più evade e un disincentivo a crescere o un incentivo a evadere ancora di più, visto che nessuno dichiarerà mai redditi sopra gli 85.000 euro.
L’ANTIPASTO
Tutto questo è soltanto l’antipasto di quello che arriverà nel 2023? Sì e no. Nei prossimi mesi ci saranno meno soldi a disposizione, non di più, perché l’economia italiana è al bivio tra inflazione e recessione, in un caso aumenteranno i tassi di interesse sul debito pubblico con i rialzi della Bce, nell’altro frenerà la crescita, che al momento è prevista soltanto allo 0,6 per cento.
Però quello che stiamo vedendo è l’antipasto dell’incapacità del governo Meloni di governare: la premier ha provato ad accentrare la politica economica a palazzo Chigi, ma poi ne ha subito perso il controllo e così si è visto un ministro dell’Economia di esperienza come Giancarlo Giorgetti paralizzato.
Senza coperture, senza mandato politico per trovarle, assediato dai partiti della coalizione e dalle opposizioni senza riuscire a tenere sotto controllo le pressioni, per finire con addirittura emendamenti sbagliati per 450 milioni di euro da correggere. In tempi risicati servono pure voti aggiuntivi per rimediare a errori che hanno pochi precedenti.
«Ci tocca rimpiangere i Cinque stelle», dicono i tecnici dei ministeri che mai avevano visto un simile tasso di dilettantismo, peraltro da sedicenti professionisti della politica.
Se questo è soltanto l’antipasto, l’indigestione nel corso del 2023 è garantita.
Il presidente Sergio Mattarella avrebbe molti elementi per respingere una manovra di questo genere, che include perfino il diritto a sparare (e mangiare) i cinghiali in città, ma non lo farà per timore dell’esercizio provvisorio. Di certo, però, la sua firma non lascerà tracce di entusiasmo sulla pagina.
Stefano Feltri 22.12.2022